Nel 2021, ricorrono i settecento anni dalla morte di Dante Alighieri. Come tutti sanno, la sua Divina commedia è una delle poche opere che attraversa tutte le culture, viene tradotta, citata, riscritta in Europa come negli Stati Uniti o in Giappone o in Africa. E ci sono monumenti dedicati a Dante in tutto il mondo, segno tangibile dell’interesse verso uno scrittore che rappresenta non solo l’Italia del Medioevo ma anche l’intera umanità di ogni tempo. Ma quali sono i motivi di questo interesse che si sviluppa nei secoli a partire dal Romanticismo e ora manifestato persino attraverso film e videogame?
Se si vuole capire perché Dante è ancora attuale, bisogna conoscere meglio le sue opere, senza limitarsi a pochi versi o episodi celebri. Non a caso dantesco è un aggettivo presente in tante lingue di tutto il mondo: ora è disponibile un audiolibro realizzato dal Ministero degli Esteri italiano, dal titolo “Dalla selva oscura al Paradiso”, che presenta un’antologia di canti in originale e in altri trentadue idiomi (tra cui il polacco con voci di Karolina Porcari e Jakub Kamieński: Dalla selva oscura al Paradiso – From the dark wood to Paradise | Spreaker), e del resto molti grandi scrittori, come T.S. Eliot o J.L. Borges, hanno notato che la potenza della Divina commedia resiste persino in traduzione.
Eppure sono ancora moltissime le cose che non sappiamo su questo capolavoro così come sulle altre opere dantesche. Cominciamo col dire che l’attività letteraria di Dante, così come la sua vita, è stata segnata da improvvisi e profondi cambiamenti. Una prima fase, a partire dal 1283, fu all’insegna del rinnovamento della poesia d’amore e portò alla scrittura di testi lirici di grande rilievo, che però assunsero un senso compiuto quando vennero raccolti nel libro della Vita nova (1292-93) Si tratta già di un’operazione eccezionale perché, attraverso la costruzione diquel libro, il nucleo di ogni singolo componimento viene spiegato e giustifi cato in rapporto alla vita del poeta, protagonista delle parti in prosa, rivoluzionata dall’incontro con la donna-Beatrice, a poco a poco identifi cata con un angelo inviato da Dio. Il finale dell’opera arriva però dopo che un’altra donna si era incuneata nell’esistenza del poeta e la promessa di narrare una “mirabile visione” riguardante Beatrice, cui si accenna negli ultimi capitoli, non trova un seguito immediato.
Dante infatti, dopo il 1293, inizia un’altra fase della sua esistenza: ormai sposato, appassionato non più solo di poesia ma anche di filosofia, invitato a impegnarsi nella vita politica fiorentina, per vari anni non dà seguito al suo primo grande testo, ma scrive liriche di tipo morale, assieme ad altre invece riservate a un amore drammatico e distruttivo per una donna denominata Petra. Non è possibile stabilire la veridicità assoluta o relativa dei componimenti, benché quasi tutti i critici siano disposti ad accettare almeno un fondamento realistico. Sta di fatto che, sino al 1301, Dante segue vie molto diverse da quelle praticate nel periodo precedente.
In quell’anno, come è noto, si consuma l’evento fondamentale nella sua vita terrena ovvero la vittoria dei neri, i ghibellini, e la cacciata dei bianchi, i guelfi cui apparteneva, da Firenze. Uffi cialmente il suo esilio comincia il 10 marzo 1302, però è probabile che Dante non sia riuscito a rientrare mai nella sua città natale dopo essere stato in missione a Roma da Papa Bonifacio VIII (ottobre-novembre 1301). Ma prima di quell’evento aveva iniziato a scrivere alcuni canti del poema che lo ha poi reso celebre? Ci sono pervenute alcune indicazioni di Giovanni Boccaccio in questo senso, ma sono contestate. Tuttavia esse potrebbero contenere un fondo di autenticità: infatti i primi quattro canti dell’Inferno sono molto diversi dai successivi, e potrebbero davvero risalire al periodo intorno al 1300, anno in cui è ambientato il viaggio nell’Aldilà.
Di sicuro per un lungo periodo il poeta si dedica ancora ad altro. Nei primi anni dell’esilio svolge missioni diplomatiche, cerca di rientrare a Firenze ma senza successo, si avvicina persino ad alcuni ghibellini, il che non gli impedisce di arrivare a chiedere il perdono, lui orgoglioso guelfo bianco, ai suoi nemici neri. Dal 1304 concepisce addirittura due progetti che, se terminati, avrebbero prodotto opere di notevole rilievo: il Convivio, primo grande trattato in volgare fi orentino dedicato a questioni fondamentali della filosofia e della morale; il De vulgari eloquentia, incentrato su questioni di stile poetico e basato sulla prima ricognizione delle varie lingue locali italiane, con lo scopo di sintetizzare un ‘volgare illustre’. Sarebbero state imprese di alto profi lo e molto innovative per l’epoca, tuttavia rimasero entrambe interrotte.
Infatti, dopo un soggiorno in Lunigiana e poi in Casentino, all’incirca tra il 1306 e il 1307, Dante decise di dedicarsi soprattutto al suo poema. I motivi di questa decisione verranno esaminati, così come si vedrà se è possibile individuare un punto da cui l’opera potrebbe essere ripartita. In ogni caso, le tappe interne della scrittura della Divina Commedia sono discusse, qui seguiamo gli elementi storico-documentari principali sino al 1313 circa, quando probabilmente si chiudono definitivamente le stesure dell’Inferno e del Purgatorio.
La storia intanto determina ulteriori cambiamenti, in primo luogo l’elezione di Enrico (o Arrigo) VII a candidato Imperatore del Sacro Romano Impero, il quale già nel 1310 scende in Italia con l’intenzione di ricevere l’investitura a Roma, per le mani di papa Clemente V o di suoi delegati. Dante si schiera immediatamente a sostegno di questo “messo di Dio”, e scrive epistole per tranquillizzare i signori d’Italia che potevano temere vendette o che continuavano a considerare il potere temporale subordinato a quello spirituale della Chiesa. In questo periodo molto probabilmente decide di scrivere addirittura un trattato filosofico- iuridico in latino, la Monarchia, considerato di assoluta importanza anche da teorici moderni del diritto. Ma ancora una volta la storia non andò nella direzione sperata: molte città, compresa Firenze, si ribellarono a Enrico il quale, abbandonato pure dal papa, morì nell’agosto del 1313 senza aver portato a compimento il progetto di superare i particolarismi sotto l’egida imperiale.
Dante si trova a dover scegliere nuove strade: tra il 1314 e il 1318 soggiorna in varie zone d’Italia, di sicuro nella ghibellina Verona sotto la protezione di Cangrande della Scala, ma poi sceglie di risiedere, con i figli, a Ravenna, governata dal guelfo moderato Guido Novello da Polenta. Qui scrive la parte finale del Paradiso, altre opere sicuramente autentiche come le Egloghe in latino, e comunque trova i momenti di più compiuta serenità che gli siano concessi negli anni dell’esilio. Muore però, probabilmente nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321, senza poter rivedere la sua città natale.
Queste poche righe riassumono quasi tutti i fatti principali della vita di Dante. Ma gli avvenimenti non ci consentono di capire a fondo la sua creatività in ogni campo della letteratura (e non solo) che ha praticato, bisogna infatti capire e interpretare le sue opere cercando di definire le loro caratteristiche e il loro stile, insomma come sono fatte e quali siano il loro valore e la loro importanza per noi.
Forse Dante non voleva intitolare il suo capolavoro Commedia tanto è vero che nel Paradiso parla della sua opera come di un “poema sacro”. Di certo le attribuiva un valore altissimo e anche noi, oggi, non dobbiamo ridurre questo grandioso viaggio ultraterreno a un banale testo allegorico. Dopo secoli in cui la varietà del poema dantesco è stata fatta rientrare a forza in schemi unitari e rigidi, adesso siamo in grado di accettarne la straordinaria varietà, degna di un romanzo moderno.
Infatti la perfezione della Divina commedia non è monolitica e anzi sono proprio le sfumature e i cambiamenti che ora ci interessano maggiormente. Inoltre, i lettori di oggi, ormai costantemente esposti a tecniche narrative complesse (letterarie o cinematografiche, e ora evidenti nelle serie televisive più raffinate), riescono a cogliere la grande abilità di Dante nel costruire un racconto poliedrico, pur seguendo una linearità ferrea. Siamo ormai in grado di apprezzare sia le figure potenti dell’Inferno, sia la delicatezza di tante situazioni del Purgatorio, sia l’arditezza di tante altre del Paradiso, il cui ultimo cielo è quasi una ‘realtà virtuale’ basata sulla teologia del XIV secolo.
Dante allora non è più soltanto un classico, bensì l’autore di un’opera-mondo, ovvero di un’opera che sintetizza un’intera cultura, come appunto avviene nella Divina commedia. Di sicuro questo poema di settecento anni fa è uno dei pochissimi capolavori letterari noti e riconosciuti a livello globale, capace di generare ancora interpretazioni davvero ricche di risonanze e di novità.
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Alberto Casadei insegna Letteratura italiana all’Università di Pisa ed è coordinatore del Gruppo Dante dell’Associazione degli Italianisti. Si è occupato di testi dal Tre al Cinquecento, nonché di poesia e narrativa contemporanee, anche in una prospettiva comparatistica e teorica. Fra i suoi libri recenti si ricordano Dante oltre la “Commedia” (2013), Dante: altri accertamenti e punti critici (2019), mentre è imminente la pubblicazione di Dante oltre l’allegoria (Ravenna, Longo).
disegni: Julia Marchowska, Michał Bukowy, Magdalena Pelc