È venuto in Italia per il marmo nel 2003 e oggi non può immaginare di vivere altrove. Collabora stabilmente con due gallerie italiane a Firenze e Pietrasanta. Ha esposto in Inghilterra, Polonia e Turchia. Fin da bambino la sua passione è stata il disegno, ha studiato pittura, disegno e scultura privatamente e inoltre all’Accademia di Belle Arti di Carrara ed è anche diplomato in scienze ambientali.
La risposta è semplice: marmo! All’età di 25 anni ho inserito la parola ”marmo in Europa” su Google. Sono saltate fuori due opzioni: Carrara in Italia e Tassos in Grecia. Ho scelto l’Italia, considerando che l’autostop mi avrebbe reso più facile tornare se qualcosa non avesse funzionato. E così sono finito a Carrara.
Sei finito in Carrara e….
E da lì sono stato reindirizzato a Pietrasanta. Sono venuto qui per il marmo. Alla fonte. Ho cercato una qualsiasi occupazione collegata al marmo. Inizialmente ho lavorato su varie pietre in laboratorio, producendo elementi decorativi e architettonici. Il passo successivo è stato quello di trovare impiego allo Studio Forma, dove sotto la supervisione di Antonio Luchinelli ho avuto l’opportunità di lavorare con molti artisti di più o di meno famosi. Il nostro cliente principale era l’artista giapponese Kan Yasuda. Allo stesso tempo ho creato una serie di 12 sculture di marmo. Nel 2009 ho avuto la mia prima mostra personale dal titolo ”Non Toccare” all’Aria Art Gallery di Pietrasanta ed ha avuto un successo tale che da allora in poi mi sono dedicato solo alla mia passione.
Pietrasanta è il tuo luogo d’elezione?
Sì, qui ho creato la mia famiglia, ho incontrato molti colleghi, ho fatto amicizie. E credo che nei prossimi anni di certo non cambierò il mio luogo di residenza. Mi piacciono le metropoli del mondo e le grandi città piene di caos, ma difficilmente riesco a rimanere in questi luoghi per più di 2 settimane. Penso che chiunque passi Pietrasanta capirà il mio amore per questo luogo.
Come lavori?
Dedico circa mezzo anno per ciascuna scultura. È uno sforzo mentale, serve una concentrazione costante. Ma è anche un duro lavoro fisico. La pietra non è argilla, non c’è l’opzione ”undo” cioè ”annulla”. Inizio la mia scultura con schizzi strutturali, cercando il baricentro, distribuendo il peso in base alle dimensioni del blocco. Solo allora comincio a pensare alla forma e al contenuto. Per quanto la materia me lo permetta, nel corso del mio lavoro cambio completamente la mia idea iniziale, ottenendo a volte effetti che mi sorprendono. Di solito dopo aver terminato il mio lavoro faccio una sessione fotografica professionale e scansiono la scultura in 3D, creando un archivio virtuale con la possibilità di riprodurre le mie opere utilizzando moderne tecnologie in qualsiasi dimensione e materiale.
In realtà sì. L’ultima volta ho lavorato in un blocco di marmo, che pesava 4 tonnellate. Dopo aver realizzato una scultura con dimensioni di 130x180x80 cm sono rimasti circa 400 chili. Di solito il 70% del materiale viene eliminato. E non è economico. Mi piace lavorare con la pietra, perché è un lavoro diretto sul materiale. Trovo il blocco giusto, inizio a scolpire, completo l’opera, la firmo e fine. Recentemente ho fatto anche 8 copie di edizioni limitate in bronzo.
Come arrivano i clienti?
Il marketing e la promozione sono di solito gestiti dalle gallerie d’arte con cui collaboro. Aria Art Gallery Firenze, guidata da Antonio Budetta e Futura Art Gallery di Pietrasanta, guidata da Claudio Francesconi. Stabilisco anche contatti diretti con i collezionisti in varie situazioni sociali e professionali.
Ultimo ordine ricevuto?
Una commessa da una società di sviluppo di Rotterdam, su questa scultura ci lavoro già da sei mesi ma non è ancora finita.
Hai esposto in Italia, Turchia, Inghilterra e Polonia?
Nel 2016 c’è stata una mia mostra presso l’ambasciata polacca a Roma. Sono stato invitato dall’ambasciatore Tomasz Orłowski dopo che aveva visto le mie sculture ad Aria Arte a Firenze. In seguito la mostra è stata esposta a Varsavia, presso la galleria Apteka Sztuki.
Su richiesta dell’ambasciata, prendendo spunto dalla caricatura di Zdzisław Przeździecki, fatta un secolo fa da Zdzisław Czermański, ho realizzato un bassorilievo che commemora Przeździecki che è stato il primo ambasciatore polacco in Italia. È stata posta sulla facciata dell’ambasciata polacca a Roma. Un altro ordine dell’ambasciata polacca sono state le medaglie in marmo per commemorare il centenario delle relazioni diplomatiche tra la Polonia e l’Italia.
Come mai ti sei laureato in ingegneria?
Una coincidenza. Disegno da quando ero bambino, proprio come mia madre, mia nonna e le mie zie. Mio padre faceva sculture. Da adolescente disegnavo la natura anche per 30 ore alla settimana. Volevo diventare un pittore. Nello studio dell’artista di Zabrze, Witek Berus, mi sono preparato per 2 anni agli esami di ammissione dell’Accademia di Belle Arti. Tuttavia, prima di farli, ho dovuto fare il servizio militare che ho svolto presso l’unità corazzata di Danzica, ai carri armati, perché ero laureato presso una scuola tecnica meccanica. Per evitare il servizio militare mi sono scritto ad una università. La scelta della facoltà di scienze ambientali è stata casuale, doveva essere solo per un anno, a gli studi mi hanno interessato e così li ho finiti. Oggi sono molto soddisfatto delle mie conoscenze in materia di biotecnologia, ragionamento tecnico e abilità meccaniche apprese alla scuola tecnica. È stato solo quando sono venuto qui in Italia che ho iniziato a studiare all’Accademia di Carrara.
Torni spesso in Polonia?
Non ho molti contatti con la Polonia. Probabilmente perchè non sono mai rimasto in Polonia per troppo tempo. Fino all’età di 5 anni, abbiamo vissuto nelle montagne di Bieszczady, dove i miei genitori hanno fatto un esperimento di vita agricola dopo la laurea. Poi siamo stati in Masuria. Avevo 8 anni quando, dopo la morte di mio padre, ci siamo trasferiti in Slesia. Dai laghi e dalle foreste masuriane mi sono trovato in una triste città annerita di carbone. Cambiavo le scuole e quindi le amicizie. Quando ero adolescente ero piuttosto indisciplinato, avevo i capelli lunghi, e mi hanno cacciato dalla migliore scuola superiore della città. Poi ho conosciuto un altro nuovo ambiente nella scuola tecnica meccanica. C’erano anche alcuni studenti di cui avevano paura perfino gli insegnanti. In qualche modo sono sopravvissuto, ma non era il mio mondo. Sono andato via e non so individuare in Polonia un luogo che possa definire ”mio”.
traduzione it: Karolina Wróblewska