Le diverse anime della Sardegna

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L’articolo è stato pubblicato sul numero 76 della Gazzetta Italia (agosto-settembre 2019)

Il tempo sembra essersi fermato in luoghi difficilmente attraversabili, in mezzo alle terre ondulate, coste scoscese, tra valli e colline, tra strade polverose e tortuose che conducono una volta tra una ricca vegetazione, tra i fiori di colori forti e chiari, e un momento dopo portano attraverso un terreno screpolato, coperto dai ciuffi di una flora assetata. Una di queste stradine attraversa il parco paesaggistico fino al faro di Capo Caccia, da dove i turisti volenterosi potranno scendere giù un ripido pendio, gradino dopo gradino, per arrivare, infine, alle grotte di Nettuno; e un’altra stradina porta ad un piccolo paese di cui si ricorda poi solo l’aroma del caffè, l’afa e il calore dell’aria che ha dato a tutto: alle strade, alle persone ed agli edifici, il colore di sabbia, diventando così un elemento inseparabile, quasi necessario della esistenza del paesino stesso; e un’altra ancora rivelerà l’azzurro dell’acqua ad una delle spiagge più belle del nord – la Pelosa – dove, su un piccolo isolotto si trova ancora, in una costante prontezza, una solitaria torre medievale di avvistamento: la Torre della Pelosa.

Una prova del fatto che la Sardegna nasconda un segreto più grande di quanto si possa immaginare sono i nuraghi: edifici in pietra, spesso di forma tronco conica, eretti senza l’uso di malta, probabilmente dai rappresentanti dell’antica civiltà nuragica. In Sardegna ci sono circa settemila edifici simili, il più antico risalente al II secolo a.C. Fanno venire in mente un’aura altrettanto misteriosa che i trulli pugliesi. La Sardegna è l’Italia fuori dall’Italia, un’isola dove l’Italia viene scoperta in modo diverso, comprendendo e accettando pienamente l’autonomia della regione; la regione di antichi edifici, fortezze di pietra, una regione di pecore e porti.

BOSA

Le fotografie della città, fatte da un sentiero non tanto lontano, che avevo visto prima di partire per Sardegna, mi hanno fatto venire in mente le case colorate di Burano. Le dimore dipinte, insieme al centro storico di Bosa furono costruite sui ripidi pendii della collina, circondate da una ricca flora verde di boschi e uliveti invece del turchese della laguna veneziana.

Bosa, situata nei pressi del fiume navigabile Temo, nel primo momento, quando ci addentriamo nel labirinto di stradine soffocanti, ci dà l’impressione di essere una fortezza eccezionalmente inaccessibile; e gli abitanti, preoccupati e quasi assenti, con i volti insolitamente chiari che si stampano profondamente nella mente.Ci dirigiamo verso le scale di pietra che conducono alla cima della collina, direttamente al castello di Serravalle, eretto dalla famiglia Malaspina nel XIII secolo. Solo allora, superati i gradini successivi, la città abbandona le sfumature tristi e piatte e comincia a risplendere di nuovo, assume i colori, come se avesse appena notato la nostra presenza. I massicci muri di pietra del castello assomigliano a un vecchio che custodisce la sua proprietà, e dalle sue allungate braccia di pietra si possono intravedere le colline circostanti coperte di ulivi, il fiume che scorre verso il mare, la costa ed il paesino costiero, una soleggiata Bosa Marina. Scendendo lungo i tortuosi sentieri acciottolati che conducono dal castello verso la valle, Bosa comincia a mostrarci timidamente i suoi colori, rivela la sua grazia, ed i raggi del sole accarezzano delicatamente le facciatec colorate delle case. La città grigia e triste che ci ha accolti al nostro arrivo quel giorno, allora sembrava solo una strana illusione. Bosa ha assunto delle tonalità vivide, i fiori di color pastello con lunghi steli verdi hanno iniziato ad ondeggiare al vento caldo sui balconi e nei vasi attaccati alle pareti. E’ stato come se la città si aprisse davanti a noi nel momento in cui abbiamo deciso di attraversare il portone del castello.

ALGHERO

Prima delle otto del mattino le strade del centro storico sono completamente vuote, così come i Bastioni Marco Polo che portano al porto. Lì , facciate delle case, imbiancate o di color pastello o sabbia si affacciano sul calmo specchio del mare come una fanciulla nostalgica in attesa del suo amato marinaio. Con il passare delle ore, il Lungomare Dante inizia a riempirsi. Ogni mattina è possibile incontrare lo stesso signore con un cagnolino, il nonno con un nipote tenuto in un marsupio, le ragazze che si impegnano a prendere cura del loro corpo con la loro istruttrice fitness. Solo di tanto in tanto qualcuno si fermerà per scattare una foto ad una motocicletta eccentrica, con una targa tedesca, parcheggiata sul marciapiede.

Otto torri difensive, da cui una volta in città venivano avvistati gli invasori, si sono conservate in condizioni abbastanza buone. Sotto una di esse, Torre di Sulis, ogni sera suona lo stesso giovanotto, e il suo repertorio musicale racconta la storia della città. Canta in spagnolo, italiano, in dialetto, ed infine, per fare un gesto ai turisti stranieri e parlargli in una lingua universale canta in inglese.

Ad Alghero, i nomi delle strade sono preceduti sia da una via che da un “carrer”, e la natura duplice della città e le pagine intricate della sua storia sono visibili ad ogni passo, incoraggiando a esplorare il suo passato. Le fortificazioni medievali potrebbero sicuramente ricordare bene le epoche passate. Se solo potessero parlare e raccontarci dei tempi quando la Sardegna apparteneva al Regno di Aragona e quando la città di Alghero fu sgombrata ed al posto dei residenti locali furono portati gli abitanti della Catalogna. Fino ad oggi è possibile ascoltare la lingua catalana parlata dai residenti, ed accanto ai piatti locali si può facilmente trovare la paella; invece lo stemma e la bandiera della città sono decorati con due seguenti colori: giallo e rosso.

Il centro storico di Alghero, costruito in pietra, viene costituito dai tranquilli vicoli residenziali che in un battito di ciglia si trasformano in una vivace piazza, piena di varie botteghe, ristoranti, negozi che profumano di zucchero e frutta, e gioiellerie, orgogliose principalmente di un tipo di prodotto: gioielli di corallo rosso. Al crepuscolo la Piazza Civica inizia a brillare con la luce sottile delle lanterne sospese sopra le nostre teste, dando al centro storico un’atmosfera affascinante. Proseguendo oltre al Forte della Maddalenetta, raggiungeremo il porto e lì l’odore della brezza marina e dei piatti locali ci porteranno facilmente a tavola. Quasi ogni pasto inizia con uno sgranocchiare di carta da musica: il pane carasau è un pane tradizionale sardo, a forma di disco sottile, spesso servito prima dei pasti. Il pane carasau, detto anche la carta da musica, visto il caratteristico rumore quando lo si sgranocchia, si gusta perfettamente accompagnato dall’olio d’oliva e, naturalmente, dal pecorino locale. Il pecorino sardo è disponibile ad ogni passo e questo fatto non sorprende visto che mentre si viaggia attraverso l’isola, si possono spesso intravedere numerose pecore al pascolo nei campi. Alghero, quanto gustosa e bella è questa città di una storia straordinaria!