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Settantasei anni fa, il 19 aprile 1943, i membri della resistenza ebraica insorsero contro i nazisti, che avevano deciso di liquidare il ghetto di Varsavia. Quello della capitale polacca era all’epoca il ghetto più grande creato dal Terzo Reich e già nell’ottobre del 1939 ospitava oltre trecentomila persone, a cui se ne sarebbero aggiunte altre decine di migliaia. Gli ebrei ivi residenti vivevano in condizioni terribili, la fame era onnipresente, e la vista di cadaveri lungo le strade era cosa ordinaria. Il 22 luglio 1942 i nazisti diedero inizio alle deportazioni nei campi di sterminio. Nel giro di due mesi il 75 per cento circa della popolazione venne condotta a Treblinka e nel ghetto restarono circa sessantamila persone. La consapevolezza che le autorità tedesche volevano procedere al totale sterminio della popolazione del ghetto cambiò il carattere della resistenza ebraica al suo interno. Il 28 luglio 1942 nacque il primo nucleo dell’Organizzazione ebraica di combattimento (Zob), che si sarebbe poi allargata, e a cui si aggiunse anche l’Unione combattente ebraica (Zzw). Le due formazioni collaborarono nei giorni della rivolta. All’insurrezione partecipò circa un migliaio di combattenti mal equipaggiati, i quali tennero testa per quasi un mese a oltre duemila soldati tedeschi della Wehrmacht, delle Ss e di alcune divisioni ucraine, lituane e lettoni, che potevano contare su carri armati e artiglieria. La rivolta, nonostante gli appelli del governo polacco in esilio a Londra, non condusse a reazioni da parte degli alleati. Szmul Zygielbojm, membro del Consiglio nazionale polacco, si suicidò l’’11 maggio 1943 per protestare contro la loro ignavia. L’insurrezione venne definitivamente sedata dalle truppe del generale Jurgen Stroop il 16 maggio 1943. In segno di vittoria, Stroop ordinò di radere al suolo la Grande Sinagoga di Varsavia.