Opiemme: ‘The constant Learner’. Remanufacture e Aringa. Un tributo a Władysław Strzemiński

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(Testo curatoriale a cura di Claudio Cravero: ‘The constant Learner’, fonte:  http://opiemme.com/public/remanufacture-tribute-to-wladyslaw-strzeminski-lodz-4-cultures-festival-poland)

Nel recente lavoro di Opiemme per il Festival delle 4 culture di Lodz, l’intervento pittorico non si concentra su una sola un’immagine, ma ricopre in modo esteso diverse superfici di un edificio scolastico. Dai muri ai marciapiedi e tutt’intorno, ogni passante è come letteralmente circondato da testi e motivi realizzati con pittura spray e sagome riprodotte utilizzando una serie di stencil. Ovunque uno posi il proprio sguardo, i pattern geometrici sembrano unire il suolo al cielo. Inoltre, nel momento in cui l’occhio si concentra sulla texture successiva, ogni cosa attorno ruota come immersi in un diorama nel quale la storia viene raccontata senza interruzione.

Il lavoro di Opiemme è il Tributo a Wladyslaw Strzemiński, avanguardista polacco, pittore astratto e tipografo, che nel 1930 disegnò un font tipografico che ancora oggi porta il suo nome. Per la maggior parte costituito da linee curve, il carattere adottato nell’intervento di Opiemme nasce in un particolar momento della storia polacca. Wladyslaw Strzemiński, infatti, crea questo font con la precisa intenzione di trasferire attraverso una forma di scrittura l’idea di futuro, di dinamismo e di progresso modernista che il paese andava perseguendo in quegli anni. Opiemme usa questo tipo di lettering come punto privilegiato per indagare il realismo socialista e la sua applicazione – nonché traduzione – in determinate forme architettoniche. Si tratta di quelle architetture tipiche degli edifici pubblici che, ancora oggi, rappresentano la quintessenza stilistica del retaggio polacco, e questo senza alcun tipo di corrispondenza culturale rispetto alle diverse comunità che storicamente hanno forgiato la nazione.

La stessa tecnica è anche utilizzata da Opiemme in “Herring/Aringa”, un calligramma-murale realizzato in un parco nelle vicinanze dell’edificio scolastico. In quello che informalmente è chiamato “Parco dell’aringa”, una silhouette nera a forma di pesce richiama il mercato del pesce che si teneva esattamente nella stessa area fino alla Seconda Guerra Mondiale, ma esso è anche comunemente conosciuto come il ghetto ebraico di Baluty, il secondo più grande in Europa.

In questa direzione, il lavoro di Opiemme in un certo senso disorienta. L’effetto allucinatorio è quasi certamente dettato dalla non-associazione delle lettere. Nel loro flusso ininterrotto, infatti, esse non riconducono ad alcun significato intellegibile.

Inoltre, siccome l’intervento ricopre la facciata della scuola elementare, Opiemme vuole sottilmente evocare il potere dell’insegnamento che permea il nostro costante bisogno di scoperta e apprendimento. Durante gli otto giorni di pittura dal vivo, che nel lavoro di Opiemme assume la forma di una performance pittorica pubblica, l’artista ricorda inoltre la recente scomparsa del padre. Tra i diversi pensieri, Opiemme intende esprimere gratitudine per l’apprendistato seguito all’età di 16 anni. Infatti, inviato dal padre a collaborare con un decoratore d’interni, Opiemme è grato al suo maestro per quel rigore professionale impartitogli e tuttora presente.

I testi e i segni di Opiemme ci ricordano come l’insegnamento e l’apprendimento rappresentino un costante processo di auto-costruzione del sé, piuttosto che un’arida serie di abilità da padroneggiare.
In questo senso, nel lavoro di Lodz appare ancora più evidente come non vi siano barriere culturali quando si tratta di apprendere. L’apprendimento è come una forza. Essa corrisponde alla nostra propensione umana che ci consente di connetterci agli altri e imparare. Questa forza è ovunque e in ogni tempo. Perché, in fondo, le persone non se vanno mai veramente.

 

Riscruttura-conversazione
Quest’opera realizzata sui muri di una vecchia scuola di Lodz, nel quartiere Baluty, all’epoca il ghetto ebraico sotto l’occupazione tedesca, è come una conversazione con le forme dell’edificio, con la sua struttura e texture.

E’ una “riscrittura” di un’architettura costruttivista.

Le parole di un’archietto di Barcellona, amico di Opiemme, riescono a cogliere meglio l’essenzialità di quest’intervento: “un lavoro sul ritmo compositivo di quest’architettura.” 

Calligramma

Il murales può essere definito un grande calligramma o meglio, siccome non contiene alcuna poesia o parola/messaggio, un lavoro tipografico, composto con I caratteri di Strzemiński (un artista avanguardista polacco, che lavorò e visse a Lodz, e fondatore dell’unism). Anche il logo della città di Lodz, è ottenuto con il font di  Strzemiński.

Ogni elemento dell’opera si compone di lettere, usate in maniera decorativa per divenire segno, e perdersi nell’estetica, confondere le differenze stesse che ogni carattere porta con se.
Questa soluzione è stata scelta e progettata con particolare rifereminto ai temi del “Festival delle 4 Culture di Lodz” (ebraica, tedesca, russa e polacca) che erano: l’”avanguardia”, e l’”alfabeto del dialogo”.

Comunità di Bałuty

La comunità locale ha avuto una parte attiva nei murales. Fanciulli, insegnanti e genitori della scuola elementare e superiori hanno partecipato ai workshop, improntati a una comprensione interculturale, e organizzati dal team di Urban Forms.

I partecipanti erano invitati ad esperimere l’idea del dialogo interculturale, attraverso la scelta di “parole del dialogo” che sono diventati uno stencil creato da Opiemme con gli studenti della scuola superiori e dipinti da questi sul marciapiede.

L’Aringa

Dipinto sul retro dell’edificio scolastico, è un riferimento alle radici e alla storia del quartiere.
Durante la Seconda Guerra Mondiale una parte di questo quartiere era il ghetto ebraico, il secondo per dimensioni durante l’occupazione nazista.

Il calligramma (anche se sarebbe più opportuno chiamarlo “letterforms” – calligramma è una “poesia realizzata anche mediante una studiata disposizione tipografica di versi”) si può definir tale perchè le scaglie dell’aringa sono create da una ripetizione di stencil del font di Strzemiński, e la poesia che contengono è quella risultante dall’armonia della sua estetica.