Passeggiando per le vie di Cracovia, si possono sentire quasi tutte le lingue del mondo. Eppure, sembra che sia proprio l’italiano a spiccare nella rumorosa Torre di Babele popolata dai molti turisti in visita alla città del mitico re Krak. Lo confermano i dati del municipio: su oltre 2,6 milioni di ospiti stranieri che ogni anno visitano la capitale della Piccola Polonia, quasi 300.000 provengono dall’Italia. Non si può nascondere che gli italiani siano semplicemente innamorati di Cracovia. La cosa interessante è che la Polonia e la Città Reale Capitale di Cracovia non sono solo un punto di riferimento turistico, ma anche un luogo dove vivere e lavorare, insomma una seconda casa. E chiunque ritenga che si tratti ancora di un trend relativamente recente, venga pure qui a farsi un giretto tra i monumenti più importanti della città, perché non c’è angolo a Cracovia dove non risuoni l’accento italiano, a cominciare dalla collina del Wawel.
Correva l’anno 1518, quando la città, addobbata con tessuti e fiori tra i più costosi, dava il benvenuto alla sua nuova regina. Di quasi 27 anni più giovane del suo futuro marito, la principessa Bona Sforza, giunta in Polonia da Milano, non era soltanto una bellezza dai capelli biondi e con un’immensa dote, ma, come presto si scoprì, una vera rivoluzionaria dall’intelligenza smisurata. Se si chiedesse a un bambino che cosa abbia portato con sé la regina Bona, sicuramente reciterebbe a memoria tutto d’un fiato: carote, cavoli, pomodori e cavolfiori. A corte divenne un’icona della moda nonché autentica trend-setter e, con l’aiuto di Anna Lewandowska, sua contemporanea, fece la rivoluzione nella cucina reale. Ciò che non le si poteva negare era la sua intelligenza e il suo straordinario istinto politico, come scriveva, anche se ironicamente, Mikołaj Rej. Bona Sforza era una donna troppo forte per i suoi tempi, che andava decisamente fuori dagli schemi di quell’epoca. Forse è per questo e per la mancanza di fiducia nei suoi confronti che è sempre stata considerata una straniera. Nessuno pianse per la sua morte, quando venne avvelenata a Bari. Nemmeno suo figlio. Era la regina cattiva che per oltre 30 anni contribuì a creare la potenza degli Jagelloni. In ogni fiaba non può mancare il personaggio cattivo, che nel racconto sull’Età dell’Oro della Polonia è toccato a Bona Sforza. Benché non fosse del tutto innocente né esente da ogni colpa, la regina Bona è stata e rimane la più insigne donna italiana nella storia della Polonia e una delle donne più variopinte di Cracovia.
Oggi per gli italiani che vivono nella città del mitico re Krak è tutto certamente molto più semplice rispetto a come andavano le cose per i loro connazionali giunti nel XVI secolo. Nonostante Giada viva e lavori a Cracovia da diversi anni, ciò che le manca più di ogni altra cosa è ovviamente la famiglia, ma pensa spesso con nostalgia anche al sole, al mare e alla cucina della sua Liguria. È molto probabile che Bona Sforza stesse pensando la stessa cosa mentre era in viaggio verso la sua nuova casa. La Polonia e l’Italia sono diverse tra loro sotto molti aspetti, dalle abitudini alimentari alla concezione della famiglia, eppure Giada si è ambientata molto bene nella capitale della Piccola Polonia. Mostra ai turisti non solo la città, ma anche l’intero paese. Insegna pure italiano, instillando nei polacchi l’amore per il Bel Paese. Quando la interrogo su un eventuale confronto tra Cracovia e Genova, sua città natale, ribadisce che l’affascina davvero tanto il fatto che la città polacca brulichi di vita e che sia piena di giovani, sempre più rari, purtroppo, nel capoluogo ligure.
Fa notare la stessa cosa Asia, che si è trasferita qui da Roma tre mesi fa. Questa città è viva, rimarca fin dall’inizio. “Se non ci fosse stata Roma, allora Cracovia sarebbe stata Roma” dice un vecchio proverbio polacco. Nata a Roma, ora Asia studia giornalismo in una delle università cittadine e ammette che Cracovia le ricorda davvero la Città Eterna. Cambiare casa è stato difficile per lei, anche se un po’ di sangue polacco le scorre nelle vene. Malgrado ciò, i suoi dubbi e le sue paure verso una cultura diversa sono stati placati quando è entrata in contatto con l’ospitalità e la gentilezza dei polacchi. Oggi, dopo alcuni mesi, dice che qui si sente a suo agio, ma resterà sempre una ragazza italiana. Per ora si sente ancora “una straniera” e la Polonia non sarà la sua seconda casa fino a quando non ne conoscerà la cultura da cima a fondo. Può darsi però che con il tempo cambi. Anche se, come la regina Bona, non appena sentirà per una via di Cracovia l’armoniosa melodia della lingua italiana, di certo penserà per un po’ a casa. I suoi pensieri correranno insieme a quella melodia fino alla Città Eterna, dove volteggeranno tra le rovine del Foro Romano per sfiorare il bianco marmo dell’Arco di Tito, sussurrare di notte tra gli aranci dell’Aventino e poi, attraverso il buco della serratura, far ritorno a Wawel, dove poter sentire tra le arcate dei portici attorno al cortile l’eco della storia di una bella donna di Bari.