Il 12 e il 13 marzo l’Ambasciatore italiano in Polonia, Alessandro de Pedys, è stato ospite della città di Cracovia. Durante la sua visita nella città, l’Ambasciatore ha partecipato a un evento organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Cracovia intitolato “Notte italiana – Siena e la via Francigena”. Per l’occasione è stata presentata la collana editoriale di Luca Betti, cui è seguita una degustazione dei prodotti e piatti tipici locali preparati da uno chef proveniente dalla città del Palio. La stessa sera è stata inaugurata anche la mostra della pittrice italiana Liliana Malta, centrata sul tema della mitologia.
Martedì 13 L’Ambasciatore De Pedys ha tenuto una conferenza presso l’Università Pedagogica di Cracovia dal titolo “Italia, Polonia, Europa”, rivolta agli studenti dei Dipartimenti di Italianistica e Scienze Politiche. Nel ruolo di moderatore si è cimentato il professor Stefan Bielański, politologo e direttore del Centro Studi “Mediterraneum” presso l’Università di Cracovia.
Nonostante il titolo della conferenza fosse “Italia, Polonia, Europa”, l’Ambasciatore ha precisato che il suo intervento si sarebbe concentrato sull’Europa “perché il nostro futuro lo decideremo come europei più che come italiani o polacchi”. Ha ricordato che quasi un anno fa, il 25 marzo 2017, è stato celebrato il 60° anniversario dei Trattati di Roma con i quali i paesi fondatori “voltarono le spalle alla storia d’Europa e decisero di costituire in Europa un ordine nuovo e diverso, basato su valori condivisi, sulla creazione di un mercato unico e su principi di collaborazione e buon vicinato”. Questi paesi diedero inizio a un processo che finora non si è fermato, ma che negli ultimi dieci o quindici anni purtroppo “ha un po’ smarrito la strada. Funziona meno bene di prima, perché l’Europa si è data degli obiettivi troppo ambiziosi che ha difficoltà a raggiungere”.
Per la prima volta nella storia dell’Unione Europea, uno degli stati membri – il Regno Unito – sta per lasciarla e più o meno su tutto il continente si diffondono movimenti euroscettici e antieuropei e si respira un clima di insoddisfazione nei confronti delle istituzioni e dei leader europei. “I cittadini europei sono arrabbiati, ma più che altro hanno paura. Hanno paura per i loro posti di lavoro, per il loro sistema di welfare, per la loro sicurezza e per la loro identità culturale, soprattutto a fronte di una crisi economica che è durata a lungo, di flussi migratori incontrollati, di guerre ai nostri confini e di una minaccia costante portata dal terrorismo”, ha continuato l’Ambasciatore. “A fronte di questi fenomeni, si sentono impotenti, vulnerabili e indifesi, percepiscono la mancanza di protezione che il modello europeo gli aveva garantito per quasi 50 anni. E le elezioni italiane, svoltesi appena una settimana fa, ne danno una valida conferma, perché l’Italia è stata sempre uno dei paesi più filoeuropei e questa volta oltre il 50% degli elettori italiani ha votato per dei partiti che non sono euroscettici, ma sicuramente sono molto critici riguardo i modi in cui l’Europa funziona. Tale situazione è il risultato di due elementi: da un lato le politiche europee sbagliate e inadeguate e dall’altro la scarsa consapevolezza da parte delle classi dirigenti europee, quindi l’assenza di reazione ai mutamenti politici, economici e sociali in atto”.
Uno dei casi eccellenti di queste dinamiche è il trattato di Schengen che, abolendo le frontiere interne tra i paesi membri, non ha previsto il rafforzamento di quelle esterne. “Purtroppo l’Europa non è stata in grado di affrontare unita le sfide della modernità e della contemporaneità. Invece di sostenersi, gli stati membri molto spesso si sono accusati e danneggiati a vicenda. È proprio la mancanza di solidarietà che rende la situazione ancora più difficile, perché la forza sta nell’unità. Queste fratture hanno riaperto le vecchie ferite che alimentano le narrative nazionaliste ricorrendo ai pregiudizi culturali e i movimenti antieuropei e populisti approfittano della paura e della tentazione di cercare la protezione dentro i confini nazionali. Però non offrono una soluzione, non risolvono i problemi, indicano semplicemente i colpevoli, ovvero indicano il bersaglio verso cui convogliare la rabbia e il malcontento. E quindi è indispensabile proporre una contro-narrativa a favore di un’Europa più forte e più coesa che possa offrire sicurezza. Bisogna riacquistare la fiducia dei cittadini europei rafforzando, e non indebolendo, l’Europa. Bisogna anche ricordarsi perché stiamo insieme e dare un significato alla parola solidarietà che purtroppo negli ultimi anni si è vista poco, perché i cittadini europei hanno ultimamente perso il senso di appartenenza. Se non si vuole essere europeisti per principio, bisogna essere europeisti per necessità”.
La lezione ha suscitato una vivida e interessantissima discussione da parte del pubblico. Sono intervenuti professori e studenti provenienti da vari paesi, che hanno condiviso le proprie opinioni ed esperienze.
Alla fine abbiamo chiesto all’Ambasciatore una sua riflessione sul clima verso gli stranieri in Polonia, soprattutto in relazione a quanto accaduto recentemente a Diego Audero, guida italiana ad Auschwitz, minacciato con scritte spiacevoli sulla porta di casa: “È un caso molto sgradevole, perché in qualche modo mette in discussione i principi che sono fondanti dell’Unione Europea: la libertà di circolazione, di stabilirsi ovunque. Purtroppo abbiamo avuto altri casi di questo tipo sia nei confronti di italiani come italiani, sia perché scambiati per mediorientali e arabi. Questo testimonia un clima che preoccupa. Il principio che va ribadito con forza è il fatto che siamo tutti cittadini europei e nessuno si dovrebbe sentire straniero. Tutto il dibattito alimentato dalla stampa sul problema migratorio ha un po’ gonfiato certi fenomeni che sono in aumento, non solo in Polonia ma dovunque. Si tratta di distinguere tra la minaccia reale e la minaccia percepita. Nel caso della Polonia si tratta della minaccia percepita perché parlare di invasione, di minaccia alla identità culturale polacca, quando in Polonia i migranti veri e propri non ci sono, ha poco senso. Ma del resto abbiamo visto un altro caso, ovvero Brexit, dove tutto si è giocato sulla minaccia percepita e non reale. Ripeto che nel caso dei cittadini europei va riaffermato con forza il principio che non sono stranieri nell’Unione Europea, ma sono a casa loro in qualunque stato europeo si trovino”.
La foto dell’articolo proviene dalla pagina Facebook dell’Ambasciata d’Italia a Varsavia.