La comunità italiana in Polonia, peraltro in continua crescita e molto ben integrata nel Paese, è stata recentemente interessata da un paio di spiacevoli episodi. Fatti che, seppur non collegati tra loro, hanno comunque destato la reazione delle rappresentanze istituzionali e culturali italiane nella terra di Chopin e la solidarietà di moltissimi polacchi.
Sabato 3 marzo Diego Audero, guida ad Auschwitz, che vive a Cracovia da molti anni, ha trovato sulla porta di casa la scritta “la Polonia ai polacchi”, con accanto la stella di David. Audero ha immediatamente sporto denuncia alla Polizia locale e avvertito le autorità italiane in Polonia. “Abito in Polonia da molti anni, è casa mia, è il posto in cui voglio vivere. Ma gli ultimi mesi sono stati difficili, sempre più persone mi ricordano che non sono polacco”, ha riferito Diego Audero. La guida ha aggiunto di rendersi conto che non si tratta di un attacco personale nei suoi confronti, ma semmai di un attacco contro il museo di Auschwitz. Bartosz Bartyzel, portavoce del museo, ha comunicato la sua preoccupazione rispetto a questo caso e ha sottolineato che l’istituzione disapprova tutte le manifestazioni di razzismo e xenofobia. Il KOD (Comitato per la difesa della democrazia), organismo politico reso famoso da numerose battaglie politiche per il rispetto della democrazia in Polonia, ha collegato l’attacco alla casa di Audero con il recente tweet del provveditore agli studi, nominato dal governo in carica, Barbara Nowak, in cui questa ha dichiarato che il museo dovrebbe avere solo guide polacche. Interpellata sulla faccenda, Nowak ha detto di non sentirsi responsabile e di non aver incitato atti d’odio. Il KOD e i partiti di opposizione Platforma Obywatelska (Piattaforma Civica) e Nowoczesna hanno anche avviato una raccolta di firme rivolta al Governo per rimuovere la Nowak dal suo incarico. Sulla vicenda si registra anche la solidarietà del Comites, la rappresentanza politica degli italiani in Polonia, che pare intenzionato a cogliere l’occasione per chiedere il rispristino ad Auschwitz del Padiglione 21, la sezione che era dedicata alla documentazione delle deportazioni italiane e chiusa da quattro anni.
L’altro episodio che ha recentemente interessato gli italiani in Polonia riguarda invece la proposta di cambio di nome della scuola elementare 29 a Varsavia, che fino ad oggi è dedicata a Giuseppe Garibaldi. Nelle scorse settimane la direttrice della scuola, Jolanta Lulkowska, intervistata da “Radio dla ciebie” sull’ipotesi di cambio di nome della scuola aveva pubblicamente dichiarato che Garibaldi “era un pirata, avventuriero, antisemita”. Dichiarazioni che hanno suscitato le immediate reazioni del mondo istituzionale e culturale italiano in Polonia a cominciare da una lettera dell’Ambasciatore italiano Alessandro De Pedys, cui sono seguite le lettere dirette alla Lulkowska dei docenti dei dipartimenti di italianistica, della facoltà di Linguistica applicata e di Psicologia sociale di Varsavia, dei docenti di italianistica di Cracovia e del direttore di Gazzetta Italia (rivista bilingue italiano-polacco) che invitavano la Lulkowska a far marcia indietro. L’affaire Garibaldi si è concluso con le scuse della Lulkowska e con una cerimonia, lo scorso 1° marzo, di deposizione di una corona di fiori al busto del garibaldino Francesco Nullo, morto combattendo per la Polonia e ritenuto simbolo della fratellanza italo-polacca. Cerimonia cui era presente l’Ambasciatore, il borgomastro di Varsavia-Centro, la Lulkowska e una delegazione di studenti della scuola Garibaldi.