Diritto all’aborto, possibili nuove restrizioni

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Il 3 ottobre 2016 migliaia di donne vestite di nero hanno sfidato la pioggia per scendere in piazza a Varsavia per protestare contro la legge sull’aborto, approvata nel 1993, che in Polonia è ancora molto restrittiva. L’interruzione di gravidanza è possibile solo nelle prime 12 settimane di gestazione in tre casi specifici: in caso di malformazione del feto, in caso di pericolo per la salute e la vita della donna o se il concepimento è avvenuto tramite violenza carnale. Le manifestazioni di quella giornata, che si sono svolte anche in altre città del paese e addirittura all’estero davanti alle istituzioni diplomatiche polacche, sono ora conosciute come la Czarny Protest, la Protesta Nera. In quella occasione la società civile si era mobilitata poiché erano in discussione in Parlamento due progetti sul diritto all’aborto: uno che intendeva liberalizzarne le regole e uno che invece intendeva renderle ancora più stringenti. La pressione congiunta delle organizzazioni pro-scelta e, dall’altro lato della barricata, dei gruppi pro-life, ha indotto il Parlamento a respingere entrambi i progetti.

Un anno e mezzo dopo, la battaglia civile sul diritto all’aborto è tornata recentemente agli onori della cronaca per un nuovo voto in Parlamento su due progetti civici di matrice opposta. Da un lato, il comitato “Ratujmy Kobiety 2017” (Salviamo le donne 2017) ha chiesto un alleggerimento della legge, che consenta l’interruzione di gravidanza in tutti i casi entro le prime 12 settimane, faciliti il sistema per ottenere la contraccezione d’emergenza e introduca l’educazione sessuale all’interno delle scuole. Dall’altro lato, il comitato #ZatrzymajAborcję (#StopAll’Aborto) ha chiesto un’ulteriore restrizione alla legge, che cancelli la condizione che prevede il diritto all’aborto in caso di malformazione del feto.

Il voto in Parlamento del 10 gennaio 2018 ha delineato la direzione che sta attualmente prendendo la Polonia: il progetto preparato da “#StopAll’Aborto” è stato inviato a una commissione parlamentare speciale per una seconda lettura, mentre il progetto di “Salviamo le donne” è stato ancora una volta respinto. A suscitare particolare clamore è il fatto che la proposta a favore di una maggiore libertà nel diritto all’aborto sia stata bocciata grazie all’assenza decisiva di alcuni esponenti dei partiti d’opposizione Platforma Obywatelska (in italiano, Piattaforma Civica) e Nowoczesna. L’indignazione è stata grande, perché negli ultimi due anni e mezzo questi due partiti si sono fatti portavoce, almeno mediaticamente, della contestazione all’ondata conservatrice promossa dal partito al governo, Prawo i Sprawiedliwość (in italiano, Diritto e Giustizia). Alcuni rappresentanti di Nowoczesna si sono autosospesi dal partito per un mese per protestare contro la scelta dei propri colleghi che hanno disertato l’aula al momento del voto decisivo.

Nei giorni successivi al dibattito in Parlamento si sono svolte alcune manifestazioni nel paese, con proteste anche davanti alla sede del PiS. La doccia fredda subita dal comitato Salviamo le donne è riassunta nelle parole di una delle sue attiviste, Anna Karaszewska: “il 10 gennaio passerà alla storia come il giorno della disgrazia (…) le donne sono rimaste sole perché l’opposizione le ha deluse e non è stata capace di mobilitarsi”. Riecheggiando i suoi toni, l’amarezza si legge anche in quest’altra dichiarazione: “non c’è nessun partito che abbia avuto il coraggio di stare dalla parte delle donne”. Secondo le organizzazioni femministe, l’attuale legislazione spinge ogni migliaia di donne a scegliere l’opzione dell’aborto clandestino, che ovviamente è molto più pericoloso per la loro salute, o ad andare all’estero per ottenere le cure necessarie in un ospedale straniero.

 

Foto: Dariusz Gdesz