Quante volte all’estero veniamo più o meno giocosamente mimati nella nostra tipica gestualità italiana, spesso leggermente rivisitata dai nostri fan? In questo articolo andremo a scoprire un linguaggio tra i più frequentemente utilizzati in componimenti letterari e produzioni filmografiche antiche ed attuali del nostro Paese, che caratterizza sia la parlata più semplice del popolo sia dei grandi personaggi, quali tra i più famosi Alberto Sordi, Nino Manfredi, Carlo Verdone e Aldo Fabrizi, e facendo un salto nel passato Trilussa e Gioacchino Belli. È ormai chiaro che la città a cui faccio riferimento è Roma. Dunque ecco un elogio a quella che era ed è tutt’ora la peculiarità portante del vulgus, quella più viscerale, la lingua, inconfondibile e dalle varie sfumature, che spazia da note romantiche a quelle invece più dure e volgari, nel senso non etimologico del termine. Per rendere la lettura più vivace, proporrò termini romani attualmente usati, in modo che possiate eventualmente prenderne nota e riutilizzarli, seguendo attentamente le istruzioni in questo “Manuale del romano DOC”.
Che cos’è? Un manuale di locuzioni romane, da utilizzare in diverse occasioni.
Perché si usa? È molto importante fare riferimento a tale manuale per poter sopravvivere in contesto romano a medio – lungo termine. Utile per capire la situazione in cui ci si trova e agire correttamente di conseguenza. Da utilizzare a Roma se si vuole fare bella figura.
Precauzioni per l’uso. Da tener presente che ognuna di queste locuzioni può assumere un diverso significato a seconda della situazione, del contesto, del tono di voce. Durante l’apprendimento sperimentare esclusivamente con romani. Inoltre prima di sperimentare nuove locuzioni consultare un romano DOC.
Effetti indesiderati: figuracce, situazioni spiacevoli.
Dove respirare romanità? Nel gergo giovanile il termine più comune è sicuramente “scialla”. La definizione che diedi a mia nonna qualche anno fa è stata non ti preoccupare! Risposta molto utile alle fantomatiche domande riguardo esami universitari ad esempio. Luogo tipico dove si respira questa “ebbrezza” giovanile romana è principalmente a Campo de’ Fiori il sabato sera, la piazza si riempie di adolescenti di ogni quartiere che “si beccano” (più avanti scoprirete cosa vuol dire) per una birra. Campo de’ Fiori pulsa di romanità anche di giorno, dove vi è uno dei più storici mercati di Roma. Un altro luogo dove respirare romanità è il Testaccio, sembra quasi una piccola cittadina a sé, di giorno i giovani sono numerosi poiché accanto all’antico mattatoio di Roma vi è la sede di architettura dell’Università La Sapienza. Ultimo, ma non per importanza, Trastevere. Giovani, anziani con il bastone, coppie con bambini diventano qui un tutt’uno. Poco tempo fa, seduta ad un tavolino all’aperto di un locale, di sera, sorseggiavo la birra con un amico. Musicisti di strada e musica più commerciale proveniente dai vari locali, piccoli tavolini che vendono bigiotteria più o meno costosa, di legno e non, mercatini vintage che sembrano organizzati in un salone di una casa privata, bancarelle di dolci, pittori, rendono l’atmosfera meravigliosa. Ciliegina sulla torta, per me di ordinaria follia, meno per il mio amico di Treviso, una donna alla ricerca del marito, sparito con le buste della spesa. Lascio all’immaginazione la comicità della scenetta “Ao ma tu l’hai visto a quello? Sparisce sempre, ma comm ‘è possibbile”.
Termini del manuale:
“Fare sega” è la versione moderna del marinare la scuola utilizzata qualche generazione fa, e vuol dire saltare le lezioni. Sulla scia di scialla, quindi nel linguaggio dei giovani, molto utilizzato è “piotta”. Una piotta corrisponde a cento euro. Se siete stanchi potete dire “sto lesso”, “nun me pija” o “non m’aregge” se non ve la sentite di uscire. La “j” in romano, per coloro ai quali mancassero le basi, si legge “gli”. “Te sto a imbruttì” lo potete usare con chi non vi sta particolarmente simpatico, da cui siete notevolmente irritati. “Bella” non è solo un complimento ma anche un saluto di congedo. “Bella pe’ te” invece vuol dire sono contento per te. “Te rivolto come un calzino” indica che avete l’intenzione di voler schiaffeggiare o prendere a botte qualcuno, come similmente “mo te parto de capoccia”. “Tel’appoggio” indica sono d’accordo con te. Se qualcuno vi chiede consiglio su come fare qualcosa, potete rispondere “come l’antichi”. Quando un ragazzo vi corteggia, in romano si dice “te sta a batte i pezzi”, se invece vi lascia “m’ha accannato”. Nel caso capitasse che invece non ricambia al primo approccio si dice “t’ha dato er palo”. “Smella” indica un odore, quindi se qualcuno vi dice “ce sta na smella terrificante” oppure “c’hai l’ascella pezzata” vuol dire che dovete correre a casa a farvi una doccia! “Inguattare” vuol dire rubare, ad esempio “oggi m’hanno inguattato il portafoglio!”
“Na cifra” è la traduzione romana di molto. Un invito ad un appuntamento a Roma si fa dicendo “se beccamo?” (notabene: tra amici, non lo dite alla/al vostra/o fidanzata/o). Se vi chiedono come era il film o la mostra o il pranzo potete rispondere “da paura!” Oppure “fa viaggià!” oppure “ce sta tutto!” Quando una macchina va molto veloce si dice che “sta a piottà”. “S’è fatta na certa” potete dirlo quando si è fatto tardi e dovete andare via. Se qualcuno vi dice “stai a sgravà” vuol dire che dovete darvi un contegno. Quando siete delusi da qualcuno potete utilizzare l’espressione “m’è calato”, se vi ha fatto arrabbiare invece “mo te sbrocco”. “Fa rate” a Roma vuol dire che qualcosa fa schifo.