Il caffè a Napoli, un modo per dire “ti voglio bene”

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In realtà, quando si vuole parlare degli italiani, generalizzare è sempre sbagliato: l’Italia è una penisola che racchiude molteplici culture e tradizioni, talvolta simili, talvolta molto differenti tra loro. Nel nostro bellissimo Paese è possibile trovare almeno venti diverse sfumature di italiano, una per ogni regione. Le regioni che hanno favorito la nascita della maggior parte degli stereotipi internazionali legati alla figura dell’italiano sono forse quelle del Sud Italia: napoletani, calabresi, pugliesi e siciliani in testa.

In questo articolo vi parlerò proprio dei napoletani e vi descriverò in breve come “sopravvivere” all’esperienza di “quarto tipo” con il Popolo Napoletano.

Nel caso vi trovaste nei pressi di Napoli vi consiglio vivamente di visitare la città, per almeno tre motivi: le caratteristiche del luogo, il cibo, i napoletani.

Il suo lungomare, di recente, è stato chiuso al traffico e riservato ai pedoni: è un ottimo luogo per una passeggiata pomeridiana, ad esempio al tramonto, dove potrete godere del bellissimo paesaggio e, in un sol colpo d’occhio, potrete ammirare il golfo di Napoli con le sue isole Ischia, Procida e Capri.

Camminando per il lungomare vi suggerisco di acquistare una porzione di taralli “nzogna e pepe” che, se proprio lo volete sapere, sono fatti con grasso di maiale e pepe.
Il napoletano DOC di solito accompagna questi ottimi taralli con una birretta e magari dopo ci sposa anche una bella “sfogliatella”, riccia o frolla, entrambe eccellenti o, perché no, un ottimo babà che è una variante del babà polacco.

Continuando per il lungomare vi consiglio di visitare Piazza del Plebiscito e via Roma, ottima via per fare shopping. Nelle varie traverse di Via Roma troverete vari locali dove è possibile magiare bene a prezzi ragionevoli. In particolare non può assolutamente mancare la classica pizza napoletana, quella originale, la vera, unica “a pizz”.

Vi consiglio un gusto tradizionale, Margherita o “Marenara”: la prima dedicata alla Regina Margherita e la seconda preferita dai marinai. La vera “marinara” non contiene acciughe.

In generale sulla pizza tradizionale non c’è nè frutta nè pesce, queste sono aggiunte successive, direi addirittura recenti, introdotte per adattare la pizza a tutti i palati.

Se avete studiato a lungo la lingua italiana e vi troverete per i vicoli di Napoli, probabilmente potreste non comprendere la lingua e sentirvi spiazzati. No panic! E’ tutto “normale”, indovinate un po’? La stragrande maggioranza dei napoletani, quando è tra napoletani, parla in… napoletano!!!

Non stupitevi quindi, detto tra noi anche gli Italiani delle altre regioni si comportano allo stesso modo.

Il napoletano è una lingua che unisce al suo interno centinaia di anni di dominazioni, in particolare è possibile cogliere al suo interno fonemi che assomigliano molto a parole arabe, francesi e spagnole.

Non stupitevi allora se le persone si chiamano tra loro a voce alta, se non vengono usati i citofoni, o venite trattati come conoscenti anche la prima volta che incontrate qualcuno. Fa parte della nostra tradizione, del nostro modo di essere, forse eccessivo, forse difficilmente comprensibile perché unico in Italia.

Il napoletano, dicevo, non è un dialetto ma una lingua a parte. Vediamo alcuni esempi che possono aiutare a chiarificare la situazione:

“presto” si dice “ambress”, veramente presto/prestissimo “ambress ambress”,

“adesso” si dice “mò”, ma se vuoi proprio che succeda in questo preciso istante diventa “mò mò”,

“all’ultimo momento” invece diventa “nganne gnanne” (in gola in gola).

Altri termini che doppiano sono “lentamente” che si trasforma nella coppia “chiane chiane”, mentre invece “adagio” diventa “cuonc cuonc”, “completamente” diventa “sane sane”, “meticolosamente” diventa “pile pile” (pelo pelo), “disteso” diventa “luong luong”, “di nascosto” diventa “aumma aumma”.

Il napoletano ha il verbo “eccere”, che è la coniugazione del pronome personale “eccolo”. Viene coniugato sempre in forma presente ed indica contemporaneamente la persona e la lontananza fisica dal soggetto a cui si riferisce:

– oiccan – oilloc -oillan, -oebbiccan -obbilloche -oebbillanne.

Molte delle parole inizianti per “g” perdono la lettera iniziale, ad esempio “gatta”, diventa “jatta”, “genero” diventa “jennere”, giorno ”juorne” poi ci sono altre parole che in italiano iniziano per “s” e in napoletano cambiano in “n’s..” come ad esempio sposato “n’surat”, sporco diventa “n’svat”, sopra “n’coppe”,

Ovviamente con ogniuno di questi termini c’è tanto di gesto associato, ma diventa veramente difficile descriverli testualmente. Non vi preoccupate, li noterete immediatamente appena inizierete la comunicazione con un napoletano.

Gli Italiani ed in particolare i napoletani fanno parte di quel gruppo, che il nostro ingegnere e filosofo contemporaneo Luciano De Crescenzo definisce, “popolo d’amore” insieme a spagnoli, irlandesi, greci e… polacchi! Tutti popoli che preferiscono vivere “abbracciati” l’uno con l’altro invece che seguire la strada della della privacy e dell’individualismo.

Questo porta a essere un po’ “chiacchieroni”, a sapere tutto di tutti, quindi un po’ “càpére” (parrucchiere), ad essere sempre un po’ lamentosi “chiagnazzare” (piangioni, che piangono sempre) ed essere un poco “mmérius” (invidiosi).

Uno degli stereotipi falsi che riguardano il napoletano è che sono stanchi e senza voglia di lavorare, in realtà i napoletani lavorano eccome, anzi, sono alla continua ricerca di lavoro, e quando non c’è, se lo inventano!

Il problema è che, essendo un popolo d’amore, viviamo con tristezza e malinconia la separazione dalla nostra terra, d’altro canto il lavoro per tutti non c’è e quindi… ci si arrangia alla meglio.

L’inventiva napoletana [ma anche polacca – red. ;)] è famosa nel mondo con il nome “arte di arrangiarsi”!

A ben vedere, il napoletano “ten semp ‘a che ffa” (ha qualcosa da fare), vivendo alle falde di un vulcano che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Per il napoletano “vivere” la vita è la priorità n° 1, per cui anche prendere il caffè, incontrare gli amici, cenare con la famiglia sono impegni, cose importanti; una frase classica che potreste sentire è <<scusami, ti devo lasciare tengo promesso un caffè a un amico”.

Il caffè a Napoli è un modo diverso per dire “ti voglio bene, ci tengo a te” anche in senso amicale: non stupitevi quindi di vedere che in continuazione si cerca di “offrire” il caffè l’uno con l’altro, è un gioco d’amore.

Visto che avete avuto la pazienza e la cortesia di leggere interamente questo articolo da buon napoletano vi chiedo, “ve pozz offrì nu bellu cafè?” 🙂