Oltre a politica, economia e cultura, in questo numero di Gazzetta come sempre stuzzicheremo la vostra curiosità e vi possiamo garantire che nel mese di novembre non vi annoierete. Le questioni politiche, culturali e sociali di una città al nord d’Italia, situata in una regione di cui forse non sentiamo parlare spesso (ma non si tratta del Molise!) che prima erano sconosciute, a novembre vedranno la luce, anche se a novembre ce n’è poco di sole.
Vi presentiamo 50 sfumature di Torino! In questo articolo ne troverete soltanto 49, l’ultima la lasciamo alla vostra immaginazione.
Nel corso di un paio di mesi Torino, da città dimenticata e sottovalutata è diventata per me il luogo il cuore batte più forte che nel resto d’Italia (ora i Veneziani si offendono…). Un posto dove la storia si mischia con il presente e dove non scoprirai la città se non inizierai a viverci dentro. Una città piena di sfumature, una tira l’altra, che non smetti mai di scoprire. Stefano Benni, nel suo romanzo intitolato “Il bar sotto il mare”, narra la vicenda del protagonista che si tuffa in un bar sotto acqua e vi incontra 23 misteriosi individui, ciascuno dei quali, dal cuoco al cane, si impegna a raccontare una storia. Ora anche noi ci tuffiamo dentro Torino, scendiamo giù, come il protagonista del libro, per ascoltare le mura, le voci e le storie che questa città nasconde da secoli.
Qualcuno una volta disse: “invece di lamentarsi al buio meglio accendere la luce”. Questo qualcuno era Confucio e aveva ragione. Come veri turisti, la prima cosa che cerchiamo è la piantina della città. A Torino però non serve. Ecco quindi la prima sfumatura da notare: i torinesi hanno la magnifica ossessione dell’ordine. Bastano due passi nel centro storico e una vista dall’alto, meglio ancora se dalla Mole Antonelliana, per subire il fascino della precisione, così atipico per una città al terzo millennio di vita. A rafforzare il senso di ordine che aleggia sulla città, contribuiscono l’allineamento degli edifici e l’armonizzazione delle misure, forme e colori, pianificati in modo quasi maniacale. Questa mania dell’ordine è il risultato di una regola ferrea che nel Seicento imponeva di standardizzare gli edifici, allineandoli all’altezza fissa di 21 metri, non un centimetro di più.
Come ogni città anche Torino ha le sue leggende. Abbiamo citato la Mole Antonelliana? Ecco, c’è la gente che sussura, così forte però che lo sanno tutti, che se uno studente non si è ancora laureato, non deve salire sulla Mole, altrimenti non si laurea più. Dicono che la vista panoramica tolga il fiato (ma tranquilli, l’ho vista di persona e vi assicuro che respiro ancora!). Una vista altrettanto bella ce la regala la Chiesa di Santa Maria al Monte. Valutate voi quale vi emoziona di più!
Camminando lungo le strade in borgo Vanchiglia noterete una costruzione talmente bizzarra da far pensare ad uno scherzo architettonico. Si tratta di un edificio alto 16 metri, lungo 5 e largo, udite udite, solo 57 centimetri! Da quando è apparsa 170 anni fa i torinesi la chiamarono “fetta di polenta”. Perché “Fetta di polenta”? Perché la sua forma assomiglia ad una fetta del piatto tipico italiano, appunto gialla e semisolida. Attualmente al suo interno si trova una galleria d’arte contemporanea.
Siete ancora affamati di conoscenza e vorreste scoprire la città alla ricerca di altre cose bizzarre? Una fetta di polenta non andrebbe niente male però ad ottobre vi guarderanno male. Visitate lo slow fastfood, M**Bun, che nonostante la sua storia tempestosa ha raggiunto un grande successo in città. È un “Mc Donald” torinese: dentro vi troverete di tutto, ma la cosa più interessante è che i nomi dei panini sono in piemontese. Per esempio non chiedete un hot-dog, là potrete gustare solo “Can Caud”(cane caldo=hot dog).
A novembre però, quando il freddo comincerà a pizzicarvi le guance, provate ad assaggiare la specialità più tipica della cucina piemontese: la bagna cauda (letteralmente salsa calda) preparata con acciughe, aglio, olio e accompagnata da verdure cotte e crude. All’apparenza non troppo invitante, si rivelerà invece una pietanza deliziosa.
Il Piemonte non sarebbe Piemonte se non ci fossero i dolci. I cioccolatini e le caramelle torinesi allietano i palati degli italiani e non solo. Saltare da una pasticceria all’altra è una delle cose più piacevoli durante la pausa studio all’università. Qui tutti i pasticcini sono piccoli piccoli (non aspettatevi di entrare in una pasticceria siciliana, dove tutti i pasticcini sono grandi come panini). Proprio a Torino ha sede la fabbrica Leone, quella delle celebri pastiglie color pastello, e sempre a Torino nacque il famoso cioccolatino a forma di barca rovesciata: siamo nella patria dei gianduiotti e del bicerin, come pure di molte altre prelibatezze a base di zucchero.
I pinguini corrono il rischio di estinzione? Non a Torino! Il gelato fondamentale da assaggiare, dopo il Cucciolone, è il Pinguino, nato nella testa di un napoletano che venne a Torino nel 1884, Domenico Pepino. Proprio davanti al Museo del Risorgimento, quando la nostra testa fuma dall’abbondanza di informazioni, possiamo raffreddare il nostro palato con il gelato da passeggio, il Pinguino.
Non c’è dubbio che Torino sia una città misteriosa. Però qui non solo le mura hanno orecchie. Le mura hanno anche occhi, bocca, naso e a volte corna. Sono i mascheroni con sembianze umane, diavoli, figure grottesche che ti ritrovi davanti mentre cammini per strada, che ti scrutano con gli occhi di pietra! Si trovano al lato dei portoni, sotto i balconi, sopra le finestre. Se siamo già al tema dei mascheroni e delle figurine, vi spiego brevemente il culto del Toro a Torino. Forse non tutti immaginano l’affollamento dei tori in città. Ci sono centinaia di figure taurine sparse ovunque: sotto i portici del centro, sulle mura e anche allo stadio. I “toret” (letteralmente i piccoli tori) sono le fontane di acqua potabile a forma di toro, dalle quali ognuno potrà saziare la sete dopo una lunga camminata.
Ora vi pongo una domanda. Qual è la coppia più famosa che vive in via delle Scienze 6? Sono molto felici e hanno deciso di restare qui per sempre. Anche se ogni tanto sentono nostalgia delle amate distese sabbiose, dei figli rimasti in Egitto… Sì, sono i coniugi Kha e Merit, originari di Deir el-Medina, che ogni anno raccontano la loro storia a migliaia di visitatori che giungono a Torino apposta per visitare il Museo Egizio, secondo per importanza dopo quello de Il Cairo.
Qualche storia d’amore? È già nascosta tra le righe dell’articolo. Una storia d’amore nasce sul palato di ogni italiano e nuovo arrivato che assaggia i dolci torinesi, e nel cuore di ogni persona che viene a Torino e inizia a scoprire la città.
Torino è una città assai misteriosa che ti fa emozionare come se fossi parte di uno spettacolo: siete tu e Torino soli, c’è una storia in ogni piccola pietra, accompagnata da una melodia di fisarmonica che spunta da Via delle Scienze 6. Ci sono i teatri, c’è la cultura, ci sono chiese meravigliose, c’è il cinema. Vieni a Torino, fai due passi, alla fine scopri Torino come se volessi scoprire il carattere di una persona. Questo è il mio amore profondo: l’amore per Torino. Le vie delle città ti portano in giro, ti accompagnano lungo diversi sentieri. Torino è una città con un’anima. Immagina di essere solo, camminare fino a giungere in un posto che si chiama la Chiesa al Monte, guardi le montagne e senti che Torino ti sussurra: “Ti piace?” E ti innamori di qualcuno che ha più di mille anni. L’età non conta in questo momento! Torino ti ruba il cuore, e il solo pensiero che fra qualche mese dovrai lasciare la città, reca una tristezza profonda. Lascerò Torino come si lascia una persona che si ama, con la consapevolezza, però, che sarà qui ad aspettarmi ogni volta che deciderò di tornare, per portarmi ancora in luoghi sconosciuti e narrarmi storie inaspettate. I miei occhi pieni di meraviglia, il mio cuore pieno di gratitudine.