autore: Shaul Bassi
Il visitatore veneziano che cammina per le strade e i luoghi di Varsavia viene facilmente colpito dai tanti echi della sua città presenti nella affascinante capitale polacca. Che siano le vedute di Bellotto nei musei, o i nomi di Muranów e Arsenale che suonano tanto familiari, molte sono le suggestioni che legano le due città, fino al recente bassorilievo del Leone di San Marco tornato sulla facciata del palazzo al civico 31 del Rynek Starego Miasta. Ma probabilmente il più pregnante di questi legami è quello che connette idealmente due luoghi che portano lo stesso nome, veneziano in origine, Ghetto. Non tutti sanno, infatti, che questa parola, che nel Novecento ha significato soprattutto la segregazione degli ebrei da parte nazista in tante città dell’Europa (come appunto Varsavia) e la proliferazione di quartieri etnici negli Stati Uniti e non solo, in origine era il nome di una fonderia abbandonata (‘Getto’) nella periferia settentrionale della città di Venezia.
Fu qui che il 29 marzo 1516 il doge Leonardo Loredan decretò che tutti gli ebrei dovessero “abitar unidi” in una zona recintata e sorvegliata della città, in quella che retrospettivamente si può chiamare una forma di compromesso. Per Venezia si trattava di includere nel corpo civico una comunità i cui servizi economici risultavano più utili che mai in un tempo di guerra e crisi. Gli ebrei avrebbero pagato una tassa alla Repubblica come comunità, l’affitto ai proprietari cristiani che rimasero gli unici autorizzati a possedere case nell’area, e perfino lo stipendio dei guardiani che avrebbero fatto rispettare il coprifuoco. Per gli ebrei si trattava di essere rinchiusi dentro dei portoni, ma anche di godere di diritti e protezione impensabili in quell’epoca nella maggior parte degli altri Paesi europei. In questo senso il Ghetto fu l’inizio di una nuova civiltà cosmopolita che fuse insieme ebrei tedeschi, italiani, spagnoli, portoghesi in una nuova società capace di interagire con il circostante mondo cristiano avviando anche un proficuo dialogo culturale. Da questo nacquero cinque meravigliose sinagoghe, commissionate da ebrei e costruite da architetti e maestranze cristiane, e soprattutto una straordinaria produzione di libri ebraici, tra cui la prima edizione completa del Talmud, tuttora fondamentale. Nel Ghetto vissero grandi intellettuali che bisognerebbe abituarsi a considerare parte integrante del Rinascimento italiano per la loro influenza. Vanno citati almeno Leon Modena, studioso e autore che tra le sue molteplici opere in ebraico e italiano conta anche “Historia dei Riti Hebraici”, il primo libro in cui sono spiegate le tradizioni religiose ebraiche per un pubblico cristiano, e la sua allieva Sara Coppio Sullam, che a inizio Seicento aveva un salotto letterario e che pubblicò opere poetiche e filosofiche uniche per una donna del tempo. Le porte del Ghetto furono abbattute nel 1797 da Napoleone, che spianò la strada all’eguaglianza tra tutti i cittadini. Da quel momento molti ebrei si allontanarono da quel quartiere e diventarono prominenti cittadini capaci di contribuire alla nuova Venezia moderna, prima sotto l’Austria e poi nell’Italia unita. L’illusione di essere perfettamente integrati durò solo fino al 1938, con le Leggi Razziali fasciste che causarono l’espulsione degli ebrei da tutte le istituzioni pubbliche e spianarono la strada per la deportazione ad Auschwitz di 246 di loro. Anche in quei momenti drammatici il Ghetto non tornò mai zona di segregazione e sebbene molti degli ebrei meno abbienti fossero rimasti ad abitare in quel quartiere, finendo per diventare le vittime più vulnerabili, esso fu anche luogo di grande solidarietà tra vicini. La maggioranza degli ebrei veneziani, come degli italiani in generale, sopravvisse alla guerra e ricostruì quella comunità ebraica oggi ancora viva e vitale, che si appresta a commemorare i cinquecento anni del Ghetto.
Di fronte alla sfida di un anniversario non semplice – deve essere chiaro che non si festeggia il triste primato nella creazione di quello che in molte lingue è divenuto l’emblema stesso della segregazione e della discriminazione – si è cercato di non sottrarsi alla complessità dei messaggi contenuti in questa lunga storia. Cinquecento anni di storia di una minoranza che ha saputo integrarsi e partecipare attivamente e creativamente alla vita di Venezia ci parlano infatti anche della capacità di reagire alle imposizioni per giungere alla libertà oltre i muri: un monito particolarmente urgente oggi, in una situazione di tensioni e incontri con “l’altro”, quando è utile riflettere su noi stessi e sulle tante diverse componenti che formano la nostra civiltà e la nostra storia.
Per il Cinquecentenario è in preparazione un calendario di eventi che offrirà l’opportunità di conoscere meglio il grande patrimonio di storia e di storie collegato al Ghetto e che è promosso dal Comitato “I 500 anni del Ghetto di Venezia”, in rappresentanza della Comunità Ebraica di Venezia e del Comune di Venezia. Questi i principali eventi in preparazione: il 29 marzo 2016, una cerimonia al Teatro La Fenice aprirà ufficialmente la serie delle iniziative con saluti delle autorità, una prolusione dello storico Simon Schama, e un concerto dell’Orchestra del Teatro la Fenice. Dal 19 giugno al 13 novembre sarà allestita a Palazzo Ducale la mostra storico-documentaria “Venezia, gli Ebrei e l’Europa. 1516-2016”, curata da Donatella Calabi. La mostra sarà un evento particolarmente significativo, presentando al pubblico veneziano e internazionale mappe e documenti d’archivio, importanti opere d’arte e un cospicuo corredo multimediale. Il progetto più ambizioso è una imponente raccolta fondi gestita dalla fondazione Venetian Heritage e dedicata alla radicale trasformazione e restauro del Museo Ebraico di Venezia e delle Sinagoghe, un progetto che conta già una collaborazione avviata con il nuovo Museo Polin di Varsavia. Non mancheranno vari convegni e appuntamenti di richiamo anche per gli amanti del teatro e della musica. Nell’ultima settimana di luglio (26-31 luglio) Campo del Ghetto vedrà “Il Mercante di Venezia” di William Shakespeare messo in scena per la prima volta nella sua ambientazione originale. Il calendario è destinato ad arricchirsi, e sarà aggiornato sul sito www.veniceghetto500.org.
Il Cinquecentenario del Ghetto è un’occasione in cui Venezia racconta una parte importante della propria storia e ne mostra la rilevanza per la cultura ebraica, per la cultura italiana, e più in generale per capire – questione di urgente attualità – come minoranze e maggioranze possano vivere insieme e arricchirsi reciprocamente.