SEBASTIANO MONTELUPI (Campiglia/Livorno 1516 – Cracovia 18/8/1600) è un uomo d’affari e banchiere, figlio del Nobil Signore Messer Valerio Montelupi De Mari.
Nel 1557, quarantunenne, con suo fratello minore Carlo, giunge in Polonia e vi resterà fino alla morte, sotto i regni di Sigismondo II Augusto, Enrico V di Polonia (Enrico III di Valois), Anna Jagellone, Stefano I Batory e Sigismondo III Vasa. A Cracovia, allora capitale della Corona, viene soprannominato “Sebastian Wilczogórski” e grazie al suo carisma e al suo “savoir-faire” diventa in breve tempo uno dei membri più influenti della colonia italiana di quella città, malgrado sia un tipo estremamente riservato, che in genere usa parlare molto poco di sé. (Esistono, infatti, pochi documenti e pubblicazioni che lo riguardano e una sua sola corrispondenza, quella rivolta al Granduca di Toscana Francesco I, che riguarda però essenzialmente la sua attività commerciale, tutte lettere che non lasciano trapelare nulla della sua vita privata).
In realtà abbandona l’Italia nel 1536, appena ventenne e si trasferisce in Germania. Per un periodo lavora presso la Ditta Antinori di Norimberga dove dimostra subito la sua abilità nell’allacciare relazioni con mercanti e uomini d’affari. In breve tempo, infatti, crea una fitta rete di rapporti con moltissimi italiani, principalmente toscani, che operano nella Germania meridionale. Col passar degli anni riesce ad entrare in contatto con personaggi italiani di mezza Europa.
Quando, ventuno anni più tardi, decide di trasferirsi altrove e approda in Polonia, avendo conservato stretti rapporti con i suoi concittadini sia in Toscana che in Germania, viene immediatamente nominato da questi, loro rappresentante e procuratore a Cracovia; un incarico che presto gli procurerà popolarità e prestigio anche presso tutti quegli altri suoi conterranei che operano nelle altre regioni d’Europa mai raggiunte, ma che in quel periodo stanno attraversando una particolare fase di intenso sviluppo.
Nella capitale polacca però deve combattere la concorrenza di tutti quegli altri italiani che Bona Sforza aveva portato con sé da Bari: un nutrito seguito che comprendeva anche una schiera di mercanti, i quali col passar del tempo, inevitabilmente, si erano insediati nei più prestigiosi incarichi di Corte. Inoltre, il favore dei regnanti e la crescita sociale e culturale del paese in questo preciso momento stanno attirando dall’Italia un numero sempre crescente di artisti, letterati, architetti, artigiani, medici, religiosi, ma anche di avventurieri, imbroglioni e abili uomini d’affari.
Cracovia, poi, gode di una posizione strategica per i commerci, trovandosi all’incontro delle vie tra est ed ovest, ossia tra Russia e Germania, e tra sud e nord, ovvero sulla Vistola, tra i Carpazi e il porto di Danzica.
In Polonia, per tradizione, gli aristocratici producono cereali, ma le leggi non consentono loro di operare all’estero; allora, dal momento che invece i mercanti stranieri hanno piena libertà d’azione, questo spinge Montelupi ad approfittare di questa opportunità, per cui egli allora inizia ad intraprendere un intenso commercio di queste derrate con l’Italia e con altri paesi in Europa. Di riflesso, dati i grossi guadagni che i nobili polacchi così realizzano, si viene ad istaurare tra questi un sempre più alto tenore di vita, effetto che va ad alimentare il mercato di generi di lusso e quello finanziario.
Montelupi vigila su questi fenomeni del mercato e ne sa trarre i benefici. Ha anche acquisito parecchia esperienza per aver lavorato presso Carlo e Bernardo Soderini, i mercanti e banchieri più affermati di Cracovia.
Avendo egli accumulato cospicui capitali propri, diviene socio e azionista di alcune affermate ditte in città, comproprietario di una fabbrica di laterizi, nonché banchiere in proprio e dal 1560 la sua posizione si va sempre più consolidando grazie agli ottimi rapporti con la Corte, fino a divenire fornitore ufficiale dei regnanti.
Purtroppo però presto i suoi comportamenti spregiudicati, senza scrupoli, lo portano a subire continue citazioni in tribunale: per truffe nei confronti dei soci, per inadempienze verso i fornitori e i collaboratori, per frodi, per evasioni fiscali e finanche per abusivismo edilizio da cui, astutamente, riesce comunque ad uscirne sempre indenne, grazie alle potenti protezioni di cui ormai gode. C’è da aggiungere che peraltro Enrico di Valois nel 1574 gli concede quel “Servitoriat” che gli garantirà per il futuro una lunga serie di privilegi commerciali e la possibilità di sottrarsi alla giustizia ricorrendo, in ultima ipotesi, al diritto di appello diretto al sovrano.
Il campo di azione di Montelupi diviene sempre più ampio. Al centro c’è il commercio delle sete, dei broccati, dei velluti, dei damaschi provenienti dalle manifatture fiorentine e delle lane, del lino e del cotone prodotti in Inghilterra e in Germania. Dall’Italia importa oreficeria, vetri e cristalli, mobili, carta, libri. Con la sua ditta crea agenti nelle principali città polacche e lituane, a Vienna, in Italia, in Germania, in Inghilterra e in Ungheria. Nello stesso tempo a Cracovia mantiene la rappresentanza di diverse imprese commerciali e finanziarie fiorentine. Dal 1565, senza trascurare il commercio, incomincia a dare più impulso all’attività finanziaria. I titoli da lui emessi, arriveranno presto ad essere riconosciuti e accettati in tutta Europa; la sua banca sarà il punto di riferimento per gli ambasciatori italiani, per i legati e per i nunzi apostolici in arrivo in Polonia: Antonio Possevino riceve da lui quanto gli occorre per la sua missione a Mosca del 1581-1582. Prima insieme ai Soderini, ma poi in seguito da solo, Montelupi gestisce anche le rendite italiane degli Jagelloni, frutto dei crediti vantati dagli eredi di Bona Sforza.
Insomma, diventa sempre più ricco ed ora impiega gli ingenti guadagni realizzati particolarmente con il commercio del grano, con le importazioni di piombo, di pelli e cavalli e con le operazioni finanziarie, in investimenti immobiliari in Toscana e in Polonia, divenendo così proprietario di numerosi villaggi. Nel 1567 ottiene da Cosimo I la cittadinanza fiorentina – il che gli consentirà, tra l’altro, l’acquisto di proprietà tra Bibbona e Volterra – e da Sigismondo II Augusto l’indigenato, riconoscimento che lo equipara alla nobiltà del Regno. In quello stesso anno Montelupi, ormai cinquantunenne, sposa Urszula Baza, la giovane e splendida figlia del medico di Corte Wojciech Baza, rappresentante di una delle famiglie più illustri di Cracovia.
Spera d’avere subito un figlio a cui lasciare un giorno tutta la sua ricchezza accumulata, invece ciò non accade. Per sopravvenute precarie condizioni di salute di sua moglie, nel timore di non poter avere figli chiama presso di sé suo nipote ventenne, Valerio, figlio di una sua sorella e di Matteo di Iacopo Tamburini. Valerio, che si dimostra presto molto abile nel mondo degli affari, si dimostra la persona giusta, quindi destinata ad ereditare la sua enorme fortuna.
Nel 1568 Montelupi acquista il palazzo sulla piazza del Mercato di Cracovia, che negli anni amplierà, facendone non solo la sua residenza privata, ma anche la sede centrale di tutte le sue attività commerciali e finanziarie ed in seguito l’ufficio centrale delle Poste.
Oggi il nome di Montelupi è legato in modo particolare alla lunga gestione in Polonia del servizio postale regio, che Sigismondo I alla morte di Bona Sforza, aveva istituito per poter meglio seguire gli affari e il contenzioso legati all’eredità materna. Il servizio gli viene affidato nel 1568 ed egli lo gestirà insieme con suo nipote Valerio. Il servizio, prevede due tratte: una verso Vilnius e una verso Vienna e Venezia. A Montelupi spetta un rimborso spese e un compenso annuo, con l’obbligo di provvedere all’organizzazione delle stazioni di posta e con l’impegno di coprire il percorso tra Cracovia e Venezia e viceversa in dieci giorni; e da Cracovia a Vilnius e ritorno in tre settimane. Alla morte di Sigismondo II gli sarà rinnovato l’incarico anche da Anna Jagellone e dal re Stefano Batory.
Dopo parecchio tempo dalle nozze, essendo ancora senza figli, pensa di contattare il famoso astrologo inglese John Dee per chiedergli consiglio, perché è sempre più convinto che sua moglie sia rimasta vittima di qualche stregoneria, di qualche maleficio. Costui lo rassicura: ma purtroppo il 12 luglio del 1586, a soli trentacinque anni, ella muore.
Montelupi in questi ultimi anni ha rapporti con tutti gli italiani che per qualsiasi ragione sostano a Cracovia, come Francesco Pucci, Agostino Doni, Pietro Franco, o il nunzio Giovanni Andrea Caligari. Familiarizza principalmente con i gesuiti, facendo donazioni in denaro e procurando arredi sacri per la loro chiesa; devolve una generosa somma di denaro all’Arciconfraternita della Misericordia e al Monte di Pietà, per sostenere l’assistenza ai bisognosi.
Negli anni ottanta frequenta lo scrittore Annibale Rosselli, trasferitosi a Cracovia nel convento di San Bernardino e finanzia il terzo dei dieci volumi del suo “Commento al Poimandres di Ermete Trismegisto”, edito a Cracovia nel 1586, a condizione che sia dedicato a Francesco I di Toscana. Sì, perché i suoi rapporti con Francesco I non sono occasionali; è sua costante cura, certamente per interesse, quella di informarlo circa i fatti di Polonia, e più in generale, dell’Est d’Europa: nel 1573 e nel 1587 Francesco I, infatti, essendo marito di Giovanna d’Asburgo – quindi cognato di Sigismondo II Augusto – è nella rosa dei pretendenti al trono polacco.
Montelupi muore senza aver mai più rivisto la sua patria. Viene sepolto a Cracovia ed oggi le sue spoglie si trovano nella Chiesa di Santa Maria Vergine. Sulla sua tomba, opera del fiorentino Santi Gucci, appare lo stemma dei De Mari, la sua famiglia d’origine, uno stemma simile a quello che ha sempre campeggiato sul suo palazzo di Cracovia. Hanno scritto su di lui Laura Ronchi De Michelis in Dizionario Biogrrafico degli Italiani e Danuta Quirini-Pop?awska.
Rubrica “Italiani in Polonia nei Secoli” a cura di Alberto Macchi, Drammaturgo e Regista teatrale a Roma e a Varsavia, con il contributo della Dott.ssa Angela So?tys Storica dell’Arte presso il Castello Reale di Varsavia.