Ogni qual volta mi trovo in una libreria in Polonia, non posso fare a meno di curiosare nei volumi dedicati, pur a volte solo in parte, all’Italia, per vedere a quali luoghi è dato spazio. Di tutti i testi consultati, ne ricordo bene uno, poiché la copertina di addirittura tutta l’Europa presentava il Santuario della Madonna della Corona, sito a Ferrara di Monte Baldo in provincia di Verona. Non essendoci mai stato prima e vista la speciale ricorrenza del 2022, ecco che l’1gennaio, in compagnia della mia ragazza Karolina, ho inaugurato il “peregrinare” turistico-culturale del nuovo anno proprio con il Santuario più “ardito” d’Italia.
Un soprannome non casuale, ma ottenuto letteralmente sul campo, in virtù della sua incastonatura nella roccia, esposta verso il sole che la illumina. Il momento dell’alba è suggestivo, come nella mattinata dell’Epifania, durante la quale ho avuto modo di dialogare a distanza con il Rettore, Monsignor Martino Signoretto.
L’inizio del confronto verte proprio sull’unicità del luogo e sulle tappe che ne hanno scandito la storia. Si tratta di un luogo abitato da almeno un millennio, con l’arrivo degli eremiti intorno all’anno 1000, e che dopo 500 anni lasciano spazio ai Cavalieri di Malta. «L’epoca di fondazione del 1522 è dovuta a un racconto leggendario che mescola aspetti storici e coreografici”, spiega il Rettore. Arriva infatti la Madonna da Rodi, questa Pietà speciale e taumaturgica, e come segno che è un luogo santo dedicato a Maria, già venerate dai monaci eremiti, crescono i pellegrinaggi; allora i Cavalieri allargano il sentiero, soprattutto quello della Speranza, 1760 gradini, 600 metri di dislivello, che ha segnato per secoli il culto e la sensibilità religiosa di molti che arrivano ancora oggi fin qua. Nel 1822 per i 300 anni si racconta di numeri importanti, mentre nel 1922 per i 400 è stata scavata la galleria».
Il 2022 non è soltanto l’anniversario dei 500 anni dell’incantevole Santuario, ma un concetto superiore, sintetizzato così dal Monsignore: «Si vuole dare un significato a questo per fare memoria, ma non è nostalgia di qualcosa che è successo, ma un riattivare delle forze spirituali, e si tratta di perdono, accoglienza, giubilo: si apre quindi la nostra Porta Santa, e noi proponiamo questo cammino giubilare in chiesa, per l’indulgenza plenaria, e lo si può fare anche per i defunti, quindi allargando questo rito, momento potente, interiore, di rinnovo, anche a chi ci ha lasciati».
Oggi questo si prefigura come luogo di accoglienza assoluta, e per farlo è stata creata una squadra di volontari che segue una formazione mirata, così che i visitatori sappiano di essere accolti per come sono. Il manto di Maria avvolge ed abbraccia chiunque, da chi giunge mosso da spinta spirituale, per la perdita di un figlio, di una persona cara o anche di un animale, o per qualsiasi forma di voto o forte devozione, affrontando alle volte addirittura il cammino scalzo o la scalinata in ginocchio, fino invece a chi arriva qui in modo più disinteressato o per motivi sportivi.
«Per noi è importante che qui la gente trovi un sorriso – dice Signoretto – una forma di attenzione ad personam con queste pietre vive, e non solo con quelle della memoria. Poi se qualcuno vuole di più lo trova, c’è tutto: visite accompagnate, approfondimenti, momenti di preghiera e servizi anche più semplici. Dà soddisfazione vedere turisti che rimangono toccati anche nel cuore, non solo negli occhi, perché il luogo trasuda un’esperienza precedente ancor oggi percepibile».
Il respiro internazionale è concreto: sono ben 60 le valute contate dal Rettore nelle offerte,provenienti anche dall’Oceania e da tutto il continente americano, Nord e Sud. Non mancano Stati africani ed asiatici, con gruppi di musulmani e buddhisti interessati al luogo, a Maria ed alla sua suggestione. Significativa è stata la visita nel 1988 di Papa Wojtyła, che Mons. Signoretto ha vissuto in prima persona: «Quando San Giovanni Paolo II è venuto a Verona e ha incontrato varie realtà, una delle sue tappe è stata proprio il Santuario. Io avevo 18 anni ed ero in chiesa, lo avevamo atteso a lungo ed è arrivato con l’elicottero, e c’era la montagna piena di gente che lo accoglieva. Abbiamo qui una sua gigantografia che lo ricorda, esprimeva una statura umana e spirituale incredibile, facendo sempre trasparire quella sensibilità Mariana, ben nota anche con la “M” nel suo stemma. Ha pregato con noi, lasciando un segnale, e questo è anche il motivo del perché abbiamo una forte presenza del mondo polacco che qui viene molto volentieri».
Il lavoro del Rettore e dei suoi confratelli. Appassionato di pellegrinaggi, anche estremi, è tra gli artefici della “Santiago veronese”, un cammino di 54 km che parte da Verona e giunge alla Madonna della Corona, con tanto di documenti e servizi ad hoc per i pellegrini. Ed in cantiere vi sono anche altre novità; il modo migliore di operare per chi crede che «la scommessa dell’evangelizzazione del futuro passa anche attraverso il Santuario».